REFERENDUM LEGHISTA INUTILE E STUPIDO

Amo Napoli e il Sud ma non è per questo che non condivido il referendum delle Regioni del nord.
Non lo condivido perchè è inopportuno,perchè ora fanno finta di dimenticare che ci hanno depredato di tutto,perchè in un’Italia unita non si può ragionare egoisticamente ma principalmente perchè è stupido.
E’ stupido perchè il Sud è il mercato delle aziende produttrici del nord e se intendono affamarci poi i loro prodotti a chi li vendono?

 

UE Cina

Quale é la condizione per garantire alla Cina lo stato di economia di mercato? La Cina ha, nel corso degli ultimi anni, realizzato importanti progressi verso una vera e propria economia di mercato. Molti settori economici sono stati liberalizzati e una parte importante delle obbligazioni liberamente assunte dalla Cina al momento del suo ingresso nell’ Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, sono ora di effettiva applicazione.

Sono conscio dell’elevato valore simbolico che la concessione dello stato di economia di mercato rivestirebbe per la Cina. Ritengo invece il suo reale effetto sull’economia cinese del tutto secondario. La mancata concessione dello stato di economia di mercato riguarda infatti alcune investigazioni antidumping ed ha un impatto veramente ridotto sull’economia cinese.

Nel corso dell’ultimo anno, la Delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese da me presieduta ha analizzato in dettaglio questa tematica. Abbiamo altresì avuto discussioni molto fruttuose con i nostri interlocutori delle Assemblea Nazionale Cinese e con qualificati rappresentati del governo.

La concessione dello stato di economia di mercato è solo questione di tempo. Non solo perché questa è una misura provvisoria che verrà a scadenza tra cinque anni. Ma anche perché le informazioni disponibili dimostrano che in molti casi le imprese cinesi operano con criteri economici moderni e del tutto comparabili a quelli dell’UE. Sotto questo punto di vista occorrerebbe chiedersi perché la Cina abbia mantenuto settori in cui la presenza dello stato o l’esistenza di pratiche restrittive del mercato è ancora molto forte.

Occorrerebbe quindi che la Cina facesse un ulteriore sforzo in questo ambito al fine di garantirsi quello che appare una delle principali priorità della Cina. L’UE non è a priori contraria alla concessione dello stato di economia di mercato alla Cina, ma allo stato attuale e visto l’enorme squilibrio nella nostra bilancia commerciale, un approccio prudente e attento alla questione appare giustificato.

Discuteremo dello stato di economia di mercato a Pechino tra qualche settimana e abbiamo programmato di sentire la Commissione europea al riguardo. Spero che nel corso di una prossima intervista potremo annunciare che la questione è risolta e che lo stato di economia di mercato verrà concesso alla Cina. Ma ripeto, molto dipende dalle scelte che Pechino farà nei prossimi mesi.

Perché l’UE non riconosce lo stato di economia di mercato della Cina?

Alcuni paesi terzi, ad esempio l’Australia hanno già riconosciuto lo stato di economia di mercato alla Cina. È dunque legittimo chiedersi perché l’Unione europea e gli Stati Uniti non l’abbiamo ancora fatto.

La risposta è allo stesso tempo politica ed economica. L’UE analizza in modo tecnico l’avanzamento della Cina verso un’economia di mercato pienamente funzionante e finora, pur apprezzando i risultati raggiunti, non ha potuto sciogliere le riserve che riguardano settori importanti dell’economia cinese, ancora poco aperti al commercio e agli investimenti occidentali.

La decisione finale è tuttavia politica. Le opinioni pubbliche europee sono preoccupate per l’impressionante crescita del commercio estero cinese e i governi dell’UE devono tenere conto degli orientamenti dell’opinione pubblica nazionale. Non sarebbe opportuno prendere una decisione non supportata dai fatti che è nel contempo largamente avversata dall’opinione pubblica.

Va inoltre detto che l’impatto dello stato di economia di mercato è veramente limitato. Certo esistono misure antidumping contro le imprese cinesi ma queste misure sono basate su investigazioni quasi-giudiziali e sono sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia europea e dell’OMC. Si tratta di misure legittime che coprono una parte minima delle importazioni cinesi. Il loro impatto è certamente inferiore a quello che le misure limitative del commercio e agli investimenti esteri impongono alle imprese europee. Questi sono fattori da tenere in considerazione al fine di ottenere una soluzione alla questione giusta ed armoniosa. Comunque si consideri che oggi le esportazioni europee verso la Cina sono di circa 80 miliardi di euro e le importazioni di 250 miliardi di euro. Un dato estremamente positivo per la Cina.

Che cosa dovrebbe fare la Cina per aprire i propri mercati al commercio europeo?

Questa è una domanda semplice che richiede una risposta complessa. In breve si potrebbe dire che se la Cina mettesse in opera tutte le obbligazioni contratte al momento della sua accessione all’OMC questo sarebbe un passo avanti molto importante.

Più in generale si può dire che il mercato cinese resta ancora abbastanza chiuso e le liberalizzazioni sono settoriali e finalizzate ad incrementare la competitività dell’industria cinese. Lo squilibrio nella bilancia commerciale è enorme e cresce ogni anno di più.

La Cina ha ora una classe media che ha un potere d’acquisto e dei consumi simili a quelli della classe media occidentale. L’Europa è forte nei prodotti di alta gamma, nei prodotti di marca o comunque dotati di un design innovativo ed accattivante. Eppure non riesce ad entrare nei mercati cinesi come potrebbe e dovrebbe e ciò in presenza di una domanda interna potenziale molto alta. Perché?

Non è soltanto un problema di scarsa incisività degli europei ma anche un problema di reali ostacoli al mercato, sia normativi che regolamentari, che di fatto limitano l’accesso al mercato cinese da parte delle imprese europee.

È mia opinione che la Cina abbia raggiunto un livello di sviluppo tale che richieda una revisione delle proprie politiche. Sarebbe forse opportuno investire di più sulla domanda interna e ridurre le esportazioni. Sarebbe inoltre corretto garantire alle imprese europee le stesse condizioni che esse godono in Europa. Niente di più niente di meno.

Quello che è importante ripetere è che la Cina deve fare la sua parte verso un mondo meno squilibrato da un punto di vista economico e commerciale. È nostro interesse comune garantire che la crescita dell’economia cinese (vero motore della ripresa economica post-crisi) continui ma che anche i paesi dell’UE, così duramente colpiti dalla recessione, possano risollevarsi. Per fare ciò, in presenza di una domanda interna ancora molto debole, non hanno altra scelta che esportare di più, soprattutto in Cina e nelle altre economie emergenti.

La Cina è tornata ad essere una grande potenza economica e politica. A questo rinnovato status di grandezza deve tuttavia corrispondere una nuova consapevolezza dei propri obblighi e delle proprie responsabilità. Quello che auspico è che si possa presto arrivare ad un accordo che permetta alla Cina di continuare a svilupparsi armoniosamente senza per questo danneggiare i propri partner commerciali.

A questo riguardo non posso non commentare con rammarico e preoccupazione, quelle misure poste in essere dal governo cinese volte a restringere le esportazioni di materie prime e a garantire alle industrie cinesi un vantaggio comparativo ingiusto sulla base di programmi quali il National Indigenous Innovation Product Accreditation.

Quale é l’influenza dell’Europa nei confronti del tasso di cambio della valuta cinese?

Le questioni monetarie sono altrettanto importanti che le questioni commerciali. Come già detto in precedenza, una delle ragioni della crisi economica che ha colpito il mondo negli ultimi anni è dovuta agli enormi disquilibri che si sono creati nell’economia mondiale negli ultimi decenni.

Per quanto la Cina non sia il solo paese che è alla base di questi squilibri, essa è certamente il più importante. La valuta cinese è stata per molti anni tenuta volutamente a livelli molto bassi al fine di rendere i prodotti cinesi ancora più convenienti sui mercati mondiali. Ciò è stato possibile perché la Cina ha mantenuto una politica monetaria restrittiva e relativamente poco inserita nel contesto monetario mondiale.

Abbiamo recentemente assistito ad un piccolo apprezzamento della valuta cinese che però non ha cambiato il quadro di riferimento. Comunque considero positiva la scelta di sganciare lo yuan dal dollaro.

La Cina dovrebbe invece partecipare in modo più pieno e convinto all’attività degli organi di Bretton Woods (la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale) e garantire che al rinnovato status di potenza economica mondiale corrispondano nuove obbligazioni in materia monetaria e finanziaria.

A questo riguardo non posso che auspicare che la Cina faccia rapidamente qualche progresso in quest’ambito, che completi la trasformazione del proprio sistema bancario e finanziario e che cooperi a livello internazionale al fine di garantire che la crisi del 2008 non si ripeta.

L’UE ha insistito presso il governo cinese affinché queste riforme fossero messe in opera. La risposta è stata sovente deludente e poco incoraggiante. In ogni caso non credo che stia all’UE dire alla Cina che cosa deve fare ma la Cina non può in questo momento storico tirarsi indietro.

Programma Politico

Il Programma per la riscossa e la rinascita del popolo del Sud che deve ritornare ad essere protagonista in Italia, in Europa e nel Mondo

 

QUESTI SONO SOLO ALCUNI DEI PUNTI DEL MIO PROGRAMMA POLITICO CHE VIENE AGGIORNATO DI CONTINUO AFFINCHE’ LA MIA ATTIVITA’ POLITICA SIA AL PASSO CON LA REALTA’ QUOTIDIANA E LE ESIGENZE DEI CITTADINI.

  • Statuto europeo dei lavoratori: la concorrenza sul mercato del lavoro assume sempre più connotati europei. In Italia le aziende chiudono, specialmente al Sud, per aprire sedi de-localizzate non in Cina o in India, ma in Polonia e/o Bulgaria. E’ quindi necessario promuovere e far approvare uno Statuto di standard comuni contro la concorrenza sleale tra Stati e aziende europee;
  • Modifica struttura ripartizione fondi comunitari: soprattutto per le risorse comunitarie destinate alla Formazione occorre prevedere di affidare i fondi Ue direttamente ad imprese ed aziende che potranno così assumere, con regolare contratto, i giovani al centro del programma di formazione professionale;
  • Modifica delle regole sui fondi strutturali: è anche necessario inserire tra gli operatori di spesa dei fondi comunitari i Comuni e le Associazioni di categoria, come ad esempio le Unioni degli industriali, oltre alle Regioni che oggi sono tra luci e ombre le uniche protagoniste della gestione e della spesa dei fondi europei;
  • Realizzare 18 aree franche del Sud Italia (22 in tutta Italia), già programmate dalla UE;
  • Investire le risorse europee già programmate per il raddoppio delle infrastrutture del sud Italia: raddoppio alta velocità Roma–Napoli-Reggio Calabria e Roma-Napoli-Bari- Brindisi; miglioramenti ed adeguamenti nei porti e aeroporti meridionali;

 

Per il Sud e per il Popolo del Sud

 è necessario che chi ci rappresenta

senta”, forte,

 l’impegno meridionalista